Ossigeno è stata la prima residenza di abitanti temporanei della Montagna Fiorentina che abbiamo organizzato all’interno del programma di rigenerazione culturale finanziato dal PNRR Cultura – Bando attrattività dei borghi Linea B. Gli “Ossigenati” sono stati il primo manipolo di valorosi a condividere con noi il senso di questo progetto, alimentandolo di umanità, sguardi complici e tante interessantissime, poliedriche competenze diverse.
Giovanni Teneggi, fine intellettuale, abitante delle Aree Interne e Responsabile nazionale Cooperative di Comunità di Confcooperative, è stato una di queste persone.
Ci fa piacere condividere con tutti (dietro suo consenso) una calda lettera di ringraziamenti e affetto, che riassume la potenza dell’energia che le contaminazioni e le reti lunghe sono in grado di generare nei luoghi e il profondo significato dell’intervento che ci ha regalato durante l’evento di apertura del 30 giugno a Londa.
Care e cari Ossigenati 😊, anch’io.
il respiro che mi avete donato venerdì sera è stato talmente intenso da proseguire nel weekend come se fossi rimasto con voi. Ci sono stato (!). Anche mentre partecipavo il mio quartiere sabato mattina in una semina di vicinato e proseguendo poi durante il giorno con la mia famiglia per attività che mi hanno portato fisicamente via da Londa ma immancabili qui. Siamo biografie di prossimità e comunitarie, ci concepiamo solo nella loro ricerca e nella vita che ci consentono. MI pare e piace così e venerdì sera sentendomi parte di Montagna Fiorentina ho visto quanto CI pare e piace così. La sentiamo anche responsabilità ma la nostra libertà non è né limitata né vigilata. La direi piuttosto formata dalle dimensioni (spaziotemporali) che amiamo portare sempre con noi e nelle quali ci (ri)conosciamo. Ce ne nutriamo.
Il VIAGGIO (il nostro modo di dire conoscenza), l’EMOZIONE (il nostro modo di attivare e attivarci, di prendere vita), l’APPRENDIMENTO (non abbiamo altro termine per dire competenza), il SENSO (la nostra definizione di valore).
Erano certamente le quattro dimensioni dell’essere produttori di comunità (essere imprese di comunità, se preferite, ma che i termini si possano sempre equi/valere) che avevo in mente arrivando a Londa perché le avevo appuntate quasi istintivamente su un taccuino elettronico (scusami Adama!!) attendendo davanti al lago il vostro rientro dalle esplorazioni del pomeriggio e l’inizio dei lavori.
Le avevo anche sussurrate poco prima del nostro panel a Francesca per vedere la sua reazione e avevo ricevuto un sorriso di approvazione. Poi mi sono seduto ad ascoltare le parole e le storie (quante!) del progetto, del suo innesco e del suo sviluppo, già anche della sua fecondità, degli abitanti testimoni del sé, del territorio e degli altri attorno, tutto insieme. Le mie parole sono andate velocemente sullo sfondo e sono arrivate, spiazzanti come sempre, quelle apprese nella conversazione.
INTENZIONE (il nome nuovo di appartenenza e identità per abitare i territori), BIOGRAFIA (quello nuovo di ruolo, funzione), DESIDERIO (quello nuovo di bisogno e avremmo potuto dire anche realizzazione), COMUNITA’ (per dirla e riconoscerla prioritariamente area della necessità/utilità presente e non [solo] quella del valore, così spesso retorico).
Parole/strumento – maschere – che al loro comparire rivelano il senso politico ed economico di una scena folle, giullare e poetica come noi la vogliamo, godendone, ma come il mondo qualifica, quasi a deriderla, per convincer(si) della residualità di ciò che accade sui territori. Abbiamo imbarazzo a usare i sentimenti nel parlare di economia con gli economisti quasi quanto nel parlare di Dio con gli amici.
Il resto di ciò che ci siamo detti scoprendolo lì sul momento lo sapete. Anche della precisazione – una memoria sempre necessaria – di quanto è fondamentale per produrre comunità un’impresa VISIBILE (riconoscibile di dentro e di fuori), CONCRETA (ricavi e lavoro) e CAPACE di un modello specializzato non dal cosa ma dal dove realizza (potremmo anche dirla una particolare e competente dedizione).
Tutto dentro alle parole ascoltate, alle conversazioni donate, al respiro che Ossigeno ha abilitato (che è sempre più bello di “consentito”, ne cambia decisamente il verso e indica bene la missione di innovazione sociale che ci ha portati insieme a Londa).
Adama, dalle polentine in poi (ndr. quelle del ristorante Il Colonnello), ci ha aperto al codice sorgente. Non a caso lui che dirige la Fondazione corporate di un’azienda che si occupa dello scrivere per renderlo possibile come gesto narrativo e creativo. Ce l’ha indicato nella ricongiunzione fra la persona e il mondo, il senso locale e quello globale, la parola individuale e quella collettiva. In effetti, non può essere collettiva una parola che non sia prima comune. IO e TUTTI non stanno insieme senza la cerniera del NOI che trova nella cultura la sua manifestazione più efficace. La Terra basta a sé stessa per pretendere la maiuscola ma per scrivere con la maiuscola un territorio occorre dargli insieme un nome. A chi ha frequentato più i territori che la Terra questa ricongiunzione ha il sapore di una riappacificazione (fragranza di buono avvertita per le strade avrebbe detto Raffaele Crovi, un autore del mio Appennino noto alla letteratura nazionale) e forse addirittura di un compimento creativo [non v’è riappacificazione vera che non sia feconda] come quello annunciato da San Paolo [Rm 8] parlando di adozione: una creazione incompiuta, per volontà ammessa del suo Creatore, aspetta con impazienza la manifestazione dei figli – la loro nascita intenzionale – per il suo compimento.
Io portavo con me la definizione di comunità ispirata da Giovanni Lindo Ferretti (“tutto ciò che c’è fra la mancanza e la speranza”) e ora mi tocca cambiarla con quella che le parole di Adama mi hanno suggerito. Una conversazione (non è forse la parola il primo bene inflazionato con le conseguenze che vediamo [altro che la tensione inflattiva sul denaro] e la conversazione con i suoi luoghi la prima urgente infra/struttura?) … una conversazione produttiva di un senso e di una prossimità abitabili per chi vi vuole nascere. Potremmo sintetizzare in una conversazione incarnata. [Mi piace molto il concetto di incarnazione, perché dà a ognuno di noi consapevolezza cosmica, se la guardiamo spiritualmente – trascendenti o quantistici – quanto richiama urgenza democratica e partecipativa se la guardiamo politicamente.] Una nascita intenzionale – peraltro così presente e così tanto evocata in Ossigeno – . Nascita intenzionale è un ossimoro, una barriera, proprio una di quelle per le quali Pennac evoca e segue i passeurs e che Morin nel suo “Svegliamoci!” ci invita a rompere e mettere in discussione. In effetti è una bella barriera. Non si è mai detto (tranne in un caso che considerare letterario o storico è questione soggettiva da rispettare) che un figlio possa nascere intenzionalmente. La montagna fiorentina lo ha detto!
Grazie di cuore di avermi accolto e donato la possibilità di questi apprendimenti. Per quanto e proprio perché imperfetti per me tali sono. Ve li mando in appunto perché nostri e perché mi hanno accompagnato crescendo nell’emozione dei vostri passi comuni verso quella natività ricercata sulla montagna fiorentina come pezzo di Terra. Parlando con Azeb di comunità intenzionali e migrazioni ci siamo ritrovati a parlare di noi e di tutti, scoprendo che non c’è compimento (e nemmeno concepimento) senza viaggio, migrazione, passaggio. E che il passo di crinale più bello, necessario e interessante siamo noi, l’una per l’altro. Il viaggio più bello.
Il viaggio e il paesaggio che ho incontrato a Londa con tutte e tutti voi.
Scusate il testo, irregolare e forse sgrammaticato qua e là ma lettera è e lettera resta, con le sue emotività e le sue imperfezioni. Ad Adama la mando scritta su un Moleskine (promesso! 😊)
Spero di reincontrarvi. Con tanta gratitudine.
Un abbraccio
Giovanni